GIUSEPPE FLAVIO
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Flavianum
Giuseppe
Flavio, figlio di Mattia, nacque tra il 37 e il 38
d.C. . Fu sacerdote a Gerusalemme e all’età di 30 anni circa
guidò alcune truppe in rivolta contro l’esercito romano (66 d.C).
Dopo quattro anni di guerra che si concluse con la distruzione
di Gerusalemme e del suo tempio, Giuseppe ottenne di lavorare
per i romani svolgendo il compito di storico presso Vespasiano
(il futuro imperatore) a Roma. Tra il 75 e il 79 d.C. scrisse
un’opera dal titolo “Guerra giudaica” , che costituì un
importante riferimento per la storia di Israele in questo
periodo descrivendo le tristi gesta belliche alle quali anche
lui aveva partecipato.
La
profezia sull’attesa del Messia
È anche un’opera che ci fa
comprendere l’ambiente storico ebraico nel quale visse Gesù,
come ad esempio l’attesa messianica che era forte in quel
periodo. Infatti, al cap. 5, Giuseppe Flavio ci comunica che il
vero motivo che aveva indotto gli ebrei alla guerra del 66-70
d.C. fu l’attesa del Messia così come era attestato dalle
Scritture:
«Ma quello che incitò maggiormente (gli
ebrei) alla guerra fu un’ambigua profezia, ritrovata ugualmente
nelle sacre Scritture, secondo cui in quel tempo “uno” proveniente dal loro
paese sarebbe diventato dominatore del mondo» .
Per non fare un torto a Vespasiano
e per celebrare le gesta del suo illustre tutore, applicò questa
profezia proprio a Vespasiano:
«Questa (l’ambigua profezia) gli
ebrei la intesero come se alludesse a un loro connazionale, e
molti si sbagliarono nella sua interpretazione, mentre la
profezia in realtà si riferiva al dominio di Vespasiano,
acclamato imperatore in Giudea».
In quest’opera non ci sono
riferimenti diretti a Gesù, mentre lo citerà esplicitamente in
una seconda opera successiva, le “Antichità giudaiche”
(93-94 d.C.), che sarebbe una sorta di completamento della
Guerra giudaica, in quanto ricostruisce la storia di Israele
dalle origini fino allo scoppio della guerra contro i romani.
Altre sue opere successive saranno Contra
Arpionem (95 d.C.) e una sua autobiografia che è
un’apologia del suo operato politico: Vita.
Riferimento
a Giovanni Battista nelle Antichità Giudaiche.
In Antichità giudaiche, Giuseppe
Flavio fa un riferimento in senso elogiativo di Giovanni
Battista (cap. 18,116-119), riportando come molti giudei
attribuivano la disfatta dell’esercito di Erode al fatto che
egli aveva messo a morte il Battista, che quasi tutto il popolo
riteneva un vero profeta di Dio.
Ad alcuni dei Giudei sembrò che l’esercito
di Erode fosse stato annientato da Dio, il quale giustamente
aveva vendicato l’uccisione di Giovanni soprannominato il
Battista. Erode infatti mise a morte quel buon uomo che spingeva
i Giudei che praticavano la virtù e osservavano la giustizia fra
di loro e la pietà verso Dio a venire insieme al battesimo; così
infatti sembrava a lui accettabile il battesimo, non già per il
perdono di certi peccati commessi, ma per la purificazione del
corpo, in quanto certamente l’anima è già purificata in anticipo
per mezzo della giustizia. Ma quando si aggiunsero altre persone
- infatti provarono il massimo piacere nell’ascoltare i suoi
sermoni - temendo Erode la sua grandissima capacità di
persuadere la gente, che non portasse a qualche sedizione -
parevano infatti pronti a fare qualsiasi cosa dietro sua
esortazione - ritenne molto meglio, prima che ne sorgesse
qualche novità, sbarazzarsene prendendo l’iniziativa per primo,
piuttosto che pentirsi dopo, messo alle strette in seguito ad un
subbuglio. Ed egli per questo sospetto di Erode fu mandato in
catene alla già citata fortezza di Macheronte, e colà fu
ucciso”. (Ant. XVIII, 116-119).
È da notare il parallelo di
questo passo dei Giuseppe Flavio con i molti testi dei Vangeli
su Giovanni Battista e sulla sua morte.
Riferimenti a Gesù nelle Antichità Giudaiche.
In due altri passi Giuseppe
Flavio fa esplicita menzione di Gesù. Vediamo la prima che
troviamo al cap. 20, 199-203.
«Il più giovane Anano tuttavia, del quale
ho menzionato più sopra la nomina a sommo sacerdote… apparteneva
alla setta dei sadducei, i quali, come già s’è notato in
antecedenza, nel giudizio erano più duri e spietati di tutti gli
altri Giudei. Per gratificare questa sua durezza di cuore, Anano
ritenne di aver trovato già ora, che Festo era morto e Albino
non era ancora arrivato (si tratta di due procuratori
romani: Porcio Festo governò dal 60 al 62 d.C. e Luccio Albino
dal 62 al 64 d.C.), un’occasione propizia. Convocò
perciò il sinedrio per il procedimento giudiziario e gli pose
dinanzi il fratello di Gesù, che è detto il Cristo, di nome
Giacomo, nonché alcuni altri, che egli accusò di trasgressione
della legge, e li fece lapidare. Ciò però amareggiò
anche i più zelanti osservanti della legge, i quali perciò
inviarono in segreto ambasciatori al re (Agrippa II,) con la
richiesta di invitare Anano – per iscritto – a non permettersi
mai più, in futuro, di combinare azioni simili… Alcuni di loro
andarono persino incontro ad Albino che era in cammino da
Alessandria e lo informarono che Anano non aveva alcun diritto
di convocare il sinedrio per procedimenti giudiziari, senza la
sua approvazione… Agrippa peraltro, in seguito a ciò, già tre
mesi dopo che aveva assunto la carica lo depose… »
Questo passo è ritenuto autentico
dai critici letterari, soprattutto perché Giuseppe cita Gesù
solo per precisare l’identità di Giacomo, così come è solito
fare lo storico anche con altri personaggi. L’espressione “detto
il Cristo” è specificata da Giuseppe per distinguere
questo Gesù da altri personaggi con lo stesso nome (>riferimento
Guerra Giudaica 6,300-306 pag. 574 Merz), e inoltre è
un’espressione tipicamente ebraica e non cristiana. Giuseppe
sembra inoltre mostrare stima verso Giacomo che era ritenuto
Giusto anche dai giudei, attestando come il sommo sacerdote
Anano fu spodestato da Agrippa II per aver condannato a morte
Giacomo, il “fratello di Gesù”.
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Flavio: il TESTAMENTUM
FLAVIANUM>
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