CHI ERANO LE
"FIGLIE DI GERUSALEMME" ?
Nel racconto della passione fatto dell’evangelista Luca,
vengono menzionate un gruppo di donne che seguono Gesù mentre
egli porta la croce fino al Golgota:
“Lo seguiva una gran folla di
popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti
su di lui.Ma Gesù, voltandosi verso le
donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma
piangete su voi stesse e sui vostri figli”.
(Luca 23,27-28)
Chi sono le "figlie di Gerusalemme"? Si tratta delle donne che fanno parte
della cerchia dei discepoli alla sequela di Gesù citate più
volte nei vangeli? Possiamo cogliere, in realtà, in questo
piccolo particolare messo dal solo Luca, un indizio storico che
dimostra l’autenticità del passo.
Vengono quindi chiamate “figlie di
Gerusalemme”, ovvero donne che abitavano a Gerusalemme e sembra
che l’evangelista Luca voglia alludere ad un gruppo ben preciso
di donne distinto dalle discepole che seguivano gli apostoli e
Gesù.
Come arriviamo a questo? Leggiamo dai testi ebraici della Sanhedrin che vi era a Gerusalemme un gruppo di nobildonne che,
mosse da sentimenti di pietà, si prefiggevano di assistere i
condannati a morte nei loro ultimi momenti di vita. Oltre a dare
un conforto morale, le appartenenti a questa pia congregazione
davano al condannato del vino con dell’incenso
mescolato, che aveva funzione di anestetico, alleviando così le
sue sofferenze. Commenta Abraham Cohen, rabbino capo
della comunità ebraica di Birmingham, nel suo testo “Il
Talmud” (Ed. Laterza, pag. 380): “l’agonia dei
giustiziati veniva alleviata con la somministrazione di una
bevanda capace di produrre uno stato di stupefazione”. Dice,
infatti, il trattato del Sanhedrin:“A chi esce per venire
giustiziato si dà un grano di incenso in una coppa di vino in
modo da intorpidire i sensi; come è detto ‘Date bevanda
inebriante a chi è pronto a morire e vino agli amari di anima’ (Prov.
31,6). È stato insegnato che in Gerusalemme delle donne
pietose usavano offrire volontariamente questa pozione; se,
però, non la offrivano, si suppliva coi fondi pubblici. Sanh.
43a)”. Molto verosimilmente quelle “figlie di Gerusalemme”
appartenevano, allora, a questa associazione, e i loro pianti
indicano certamente che già conoscevano Gesù, almeno di fama.
Marco
riporta come, prima di crocifiggere Gesù, “gli offrirono vino
mescolato con mirra, ma egli non ne prese” (Marco
15,23).
Alla luce di quello che abbiamo detto, si
comprende, allora, cosa ci faceva sul luogo della crocifissione
quel “vino mescolato con mirra”: si trattava appunto,
dell’anestetico che veniva preparato dal gruppo di
nobildonne “consolatrici” di Gerusalemme di cui parla il Sanhedrin per essere somministrato al condannato a morte
ed alleviare così i suoi atroci dolori.
Concludiamo con un brano tratto da “Vita di Gesù Cristo” di
Ricciotti a proposito delle figlie di Gerusalemme:
« La loro pietà fu contraccambiata da Gesù con pietà di
egual genere. Spingendo nuovamente lo sguardo verso la prossima
distruzione di Gerusalemme, Gesù contemplò lo strazio che
avrebbero sofferto le donne e le madri durante quella
catastrofe, e si accomunò per pietà al dolore materno
preammonendone le future vittime; perciò disse alle sue
consolatrici: Figlie di Gerusalemme, non piangete su me,
piuttosto su voi stesse piangete e sui vostri figli, perché ecco
vengono giorni in cui si dirà:”Beate le sterili, e i ventri che
non generarono e le mammelle che non nutrirono!”. Allora
cominceranno a
dire alle montagne: « Cadete su noi! » e alle colline: « Ricopriteci! » (cfr.
Osea, 10, 8). Poiché se in un legno verde si fanno queste cose,
in quello secco che avverrà? (Luca, 23, 28-31).
Se nel condannato innocente avvenivano quei fatti che le pie
donne deploravano in quel giorno, che cosa sarebbe avvenuto un
quarantennio più tardi quando la catastrofe di Gerusalemme
avrebbe travolto una nazione peccatrice, un popolo aggravato
d'iniquità, una stirpe di malvagi, figli di perdizione, come si
era espresso Isaia (1, 4)? Quando il corteo giunse al luogo del
Cranio si procedette senz'altro alla crocifissione dei
condannati. A Gesù, e certamente anche ai due ladroni, fu
offerto del vino mescolato con mirra ch'era giudicato adatto a
intorpidire i sensi; ma egli appena vi ebbe apposte le labbra lo
rifiutò, volendo con piena coscienza bere fino all'ultima goccia
il calice assegnatogli dal Padre celeste.»
da: Redazione gesustorico.it
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