Cosa vide
Giovanni?
Giovanni 20, 4-8
Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più
veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide
le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche
Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le
bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul
capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo
a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto
per primo al sepolcro, e vide e credette.
Pietro “tornò a casa pieno di
stupore per l'accaduto” (Lc. 24,12), Giovanni “vide e
credette” (Gv. 20,8). Il racconto della scoperta della tomba
vuota mostra quale sia stata la reazione dei due
apostoli. Pietro lo vediamo pieno di stupore, Giovanni invece
vede e subito crede. Si è sempre pensato che a creare meraviglia
nei due discepoli inducendoli a credere, sia stata la tomba
inspiegabilmente vuota, oppure il sudario ripiegato per benino e
posto in un posto vicino al luogo dove si doveva trovare il
corpo di Gesù, oppure ancora le bende aperte e poste per terra
(vedi figura sotto)
Fig. 1
Ma qualcosa sembra stridere con questa spiegazione e
ricostruzione dell’episodio. Infatti, la sola tomba vuota poteva
essere prova indiscutibile della risurrezione del Signore?
Perché appena risorto Gesù si sarebbe preoccupato di ripiegare
il solo sudario (e poi perché lo avrebbe ripiegato) e non, ad
esempio, le bende che appaiono come “scivolate” per terra? Del
resto, non tanto convincente appare la seguente classica
spiegazione: "non poteva essere stato un ladro a rubare il corpo
di Gesù perché di certo egli, nella fretta e nella concitazione,
non avrebbe avuto il tempo o la lucidità a ripiegare con cura le
bende"; infatti, si potrebbe invece dire, ad esempio, che
l’ipotetico ladro avesse già studiato prima la modalità con cui
doveva rubare il corpo e soprattutto come lasciare in ordine la
tomba e così camuffare il furto.
Per cercare di dare una spiegazione plausibile a ciò che
Giovanni vide e quindi a come doveva trovarsi la tomba, le
bende, il lenzuolo e il sudario , dobbiamo innanzitutto dividere
il nostro studio in 3 parti, focalizzando la nostra attenzione
sui seguenti elementi del racconto dell’evangelista: le bende
"per terra", il sudario, e il fatto che questo sudario era
“piegato in un luogo a parte“.
Stando alla
reazione dell’apostolo Giovanni, sembra che egli abbia una
prova lapalissiana della risurrezione di Gesù, proprio
osservando come era l’interno della tomba, e in particolare di
come si trovavano le bende e il lenzuolo in cui era stato
avvolto il corpo del Maestro.
Seguiamo la tesi di Antonio
Persili, biblista cattolico, che ha praticamente dedicato interi
decenni allo studio dei 5 versetti di Gv. 20,3-8 e quindi ha
cercato (e sembra che i suoi sforzi siano stati premiati) di
dare una spiegazione a quel eiden kai episteusen (“vide e
credette”) di Giovanni. (cfr. Persili A., Sulle tracce di
Cristo Risorto. Con Pietro e Giovanni testimoni oculari,
Tivoli 1988).
Prima di addentrarci nello studio svolto da
Persili, dobbiamo però dire che i verbi in questione “vedere” e
“credere” hanno una funzione chiave in tutto l’evangelo di
Giovanni, legati all’importanza del tema del “segno”, e
quindi caratterizzati da una valenza teologica particolare.
Questo però non toglie il carattere di
storicità dei fatti raccontati dal quarto evangelista che, anzi,
a volte stupisce per precisione storica, geografica e rivela
particolari che senz’altro rimandano alla testimonianza oculare
dell’apostolo, un testimone palestinese che ben conosceva i
luoghi dove si svolsero gli episodi narrati nei vangeli..
Ma veniamo alla nostra questione.
Giuseppe d’Arimatea compra
un “lenzuolo” (sindona) (Mc. 15,46) dove avvolgere il
corpo di Gesù. I morti venivano sepolti con tutte le loro vesti,
e quindi Giuseppe non poteva comprare un apposito lenzuolo per
avvolgere i cadaveri in qualche bottega, mentre sicuramente egli
comprò un rotolo di tela di lino da cui ricavò il lenzuolo.
Dallo stesso rotolo, Giuseppe e i suoi servi ritagliarono,
oltre al lenzuolo, anche delle fasce (othonia) e i
2 sudari che sarebbero stati messi sul volto di Gesù.
Ma vediamo come A. Persili ricostruisce
questa fase.
«Giuseppe d’Arimatea,
aiutato dai suoi servi, avvolge il corpo in una tela subito dopo
aver deposto Gesù dalla croce e, così avvolto, lo trasporta
sulla pietra dell’unzione avendo cura di non toccare
assolutamente il corpo di Gesù con le mani (per la legge
ebraica, toccare i cadaveri rendeva impuri). Sembra che i
sinottici si siano preoccupati di sottolineare il fatto che
Giuseppe, avvolgendo il corpo di Gesù nella tela, eseguì alla
lettera la prescrizione di seppellire il sangue vivo con la
salma. Infatti questa prescrizione, messa poi in iscritto da un
testo rabbinico, che… tra l’altro diceva: “Si metta solo sui
suoi vestiti una copertura e si seppellisca anche la terra su
cui eventualmente era caduto il sangue”. La tela costituisce
appunto la copertura che isola il corpo di Gesù da qualsiasi
contatto esterno, ma non è la preparazione alla sepoltura, che
invece viene descritta da Giovanni (19,40). Le parti
sovrabbondanti – continua Persili – vengono ripiegate
accuratamente al di sopra del corpo. Poi, mentre alcuni tengono
ferme le ripiegature, Giuseppe provvede ad avvolgere e legare il
corpo di Gesù con le fasce, mentre Nicodemo versa la mistura
profumata, che viene assorbita internamente dal lenzuolo ed
esternamente dalle fasce. Al termine, il corpo di Gesù, eccetto
il capo, è tutto avvolto nelle fasce, che ricoprono e tengono
fermo il lenzuolo. Quando Giovanni entrò nel sepolcro, dopo la
risurrezione, vede, appunto, le fasce. Tutte le tele occorrenti
(la grande tela, le fasce e il sudario) furono preparate,
secondo le esigenze, dallo stesso Giuseppe di Arimatea,
tagliandole dal rotolo di sindone. Ma comunque sia stato fatto
l’avvolgimento del corpo di Gesù, il segno della risurrezione
consiste nella posizione che le othonia (fasce) e il sudario
presero dopo la risurrezione».
Furono 2 i sudari che vennero messi sul
capo di Gesù: uno direttamente sul viso, quindi sotto il
lenzuolo (sindone) che aveva la funzione di tenere fermo e
chiuso il mento (vedi figura seguente)
Fig. 2
e il secondo all’esterno, al di sopra del
lenzuolo, per svolgere la funzione di completamento
dell’avvolgimento delle fasce, cosi come era avvolto il capo di
Lazzaro, con un soudariôi periededeto (Gv. 11,44)
Infatti, le fasce (othonia)
avvolgevano la sindone dai piedi fino al collo, ma non
avvolgevano il lenzuolo in corrispondenza della testa di Gesù.
Ecco come descrive questo punto il nostro Persili: : «Giuseppe
d’Arimatea non ha ritenuto opportuno fasciare anche il capo con
le othonia ma si è fermato al collo. A questo punto, per non
lasciare le piegature della sindone in disordine e per non
lasciare gli unguenti esposti all'aria senza protezione, avvolse
il capo di Gesù con un sudario. Dunque i sinottici dicono che il
corpo di Gesù, tutto intero (capo e tronco) fu avvolto in una
sindone: Giovanni aggiunge che al di sopra di questa sindone
c'erano le fasce che avvolgevano e legavano il tronco del corpo
di Gesù, mentre un sudario avvolgeva e legava il capo».
Arrivati a questo punto,
soffermiamoci dunque su quelle othonia che la CEI traduce
con «bende», mentre in realtà andrebbe tradotto con «fasce».
Spiega Andrea Tornielli in Inchiesta sulla Resurrezione
(pp.95-96) : «La traduzione più probabile per
othonia non è "bende", quanto piuttosto "tele" [nel
senso di "ampie fasce"]. Ce lo conferma l'episodio della
resurrezione di Lazzaro, riportato dallo stesso Giovanni.
Descrivendo la sua uscita dal sepolcro, l'evangelista scrive che
egli aveva le mani e i piedi legati con bende e usa per
indicarle il vocabolo keirìai [non othonia].
Che cosa accadde invece nel caso di Gesù? Le "bende" sarebbero
state troppo piccole di altezza per permettere di avvolgere
velocemente tutto il corpo: è possibile che Giuseppe di Arimatea
abbia invece utilizzato delle fasce, ottenute tagliando quell' unico
rotolo di stoffa che aveva acquistato e dal quale era stata
ricavata la sindone, cioè il lenzuolo per avvolgere il corpo,
prima che fosse assicurato da uno strato di fasce."Giovanni non
poteva avere l'intenzione di dare a othonia
il valore di "tele" [in senso generale] perchè avrebbe
opposto una parola dal significato generico a una parola dal
significato particolare: il sudario", spiega Persili. "Non
avrebbe avuto senso l'affermazione che "le tele erano distese ed
il sudario non era disteso", come se il sudario non fosse
anch'esso una tela. La logica del discorso esige che la parola
tà othònia indichi una tela in particolare, come il
sudario". Tutti questi problemi vengono però risolti se si
traduce "le fasce", che ricoprivano del tutto la sindone e la
mantenevano aderente al corpo del defunto.
Una possibile obiezione
viene dal fatto che gli ebrei non erano soliti avvolgere i
cadaveri con le fasce. Non dobbiamo però dimenticare le
particolari circostanze della morte di Gesù e la necessità di
non disperdere il sangue dell’ucciso».
Veniamo quindi al terzo
giorno. Il corpo di Gesù non è più nel sepolcro, come constatano
i due discepoli, ma lì dentro quella tomba c’è qualcosa che
sorprende i due, ma soprattutto sconvolge Giovanni il quale
“vide e credette”. Più che qualcosa, vedremo che è la posizione
di alcune cose a suscitare addirittura la fede in Giovanni,
dandogli la certezza che il Maestro non poteva che essere
risorto.
Quindi andiamo con ordine. Sono 4 gli
elementi che sono rimasti sulla pietra dove era stato deposto il
corpo di Gesù:
1)
Il sudario interno; 2) la sindone; 3) le
fasce; 4) il sudario esterno.
Chiaramente, essendo
interno, il primo di questi elementi non è visibile ai due
discepoli poiché è posto sotto la sindone (vedi fig. 2); mentre
gli altri 3 elementi sono perfettamente visibili, in una
posizione tale da suscitare la particolare reazione in
Giovanni, come detto prima.
Ricordiamo che Giovanni fu
presente alla sepoltura quel venerdì precedente quando Cristo fu
deposto nel sepolcro, e quindi sapeva
benissimo come avevano lasciato il corpo sulla pietra avvolto
nella sindone e nelle fasce.
Bene, agli occhi di
Giovanni, questi elementi apparirono esattamente nella stessa
posizione lasciati 3 giorni prima: il lenzuolo e le fasce non
erano aperte e non smosse, ma semplicemente afflosciate su se
stesse. In altre parole, il corpo di Gesù, risorgendo, non si
era strappato di dosso le scomode fasciature, ma egli ne era
uscito senza scomporle, come se il corpo di Gesù fosse svanito
dall’interno del lenzuolo (sindone) che l’avvolgeva e quindi la
sindone e le fasce, non avendo più cosa avvolgere, si sono
semplicemente afflosciate su se stesse. (vedi fig. sotto)
A conferma di ciò, è bene
notare che l’espressione della CEI “bende per terra” non è
esatta. Il testo greco dice othonia keimana. Il termine
othonia abbiamo visto che non significa propriamente
delle strette bende ma qualcosa di più ampio, cioè delle
larghe fasce. “Bende” invece, viene indicato con
keiriais in greco,
come nel caso di Lazzaro (Gv. 11,44) (vedi traduzione CEI).
Il verbo keimena
usato per le fasce che avvolgevano il corpo di Gesù, si deve
tradurre come: giacere, essere steso, essere in orizzontale,
caduto, crollato, spianato, un po’ come quando si vuole
indicare il mare calmo rispetto al mare agitato; oppure, per
dare forse meglio l’idea, come quando viene smontata una tenda da campeggio: venendo tolti i sostegni sotto la tenda, questa si affloscia e si sgonfia su
se stessa. È questo che accadde al lenzuolo e le fasce che
avvolgevano il corpo di Gesù: esse erano “distese”, abbassate,
afflosciate, ma intatte. Nessuno le aveva aperte. Dice infatti
Persili: «Il
significato che Giovanni vuol dare a questo verbo è far
risaltare che prima le fasce erano rialzate ("come un mare
agitato") perchè all'interno c'era il corpo ; dopo la
Risurrezione, invece, le fasce erano abbassate, distese ("come
un mare calmo"), giacendo nel medesimo posto in cui si trovavano
quando contenevano il cadavere di Gesù. E' arbitrario farle
giacere per terra, come vuole la versione ufficiale. La Vulgata
traduce con il participio posita, che rende bene l'idea
delle fasce distese e vuote, perchè il verbo ponere
significa appunto "mettere giù". Perciò le due parole
keimena tà othonia si devono tradurre come "le
fasce distese", ma intatte non manomesse, non disciolte. Esse
costituiscono la prima traccia della Risurrezione: era infatti
assolutamente impossibile che il corpo di Gesù fosse uscito
dalla fasce, semplicemente rianimato, o che fosse stato
asportato, sia da amici che da nemici, senza svolgere quelle
fasce o, comunque, senza manometterle in qualche maniera»
Veniamo al sudario esterno. "La Sacra
Scrittura ci offre due indicazioni: che non era per terra,
insieme al lenzuolo, e che era debitamente rassettato e piegato:
peccato che si tratti, ancora una volta, di una traduzione
errata. La prima frase, in greco, non recita che "non era
insieme al lenzuolo", ma che "non era disteso come il lenzuolo".
La seconda parola, poi, non significa "piegato" bensì
"arrotolato". Viene così chiarito ciò che ciò che volle dire
l'Evangelista: il sudario che prima era stato legato intorno al
capo di Gesù non era più disteso, liscio, come il lenzuolo, e
che non era stato slegato. In buona sostanza, esso continuava ad
essere arrotolato e a conservare la sua forma ovale, come se si ostinasse a circondare ancora il volto del Signore, che
in realtà non c'era più e che sembrava che si fosse
smaterializzato. Se il cadavere fosse stato rubato, il
fazzoletto si sarebbe dovuto trovare in altre condizioni, invece
di continuare ad essere arrotolato, così come lo avevano
lasciato la sera in cui seppellirono Gesù" (A.A.Valdes, Cosa
sappiamo della Bibbia? n.7, pag. 104-105)
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