Queste scoperte sono dunque troppo
belle per essere vere? L’Autorità per le Antichità Israeliane
hanno iniziato un’indagine. Un articolo di prossima
pubblicazione di Neil Asher Silberman e Yuval Goren nel numero
di settembre/ottobre di Archaeology riporta le indagini, i suoi
retroscena, e le conclusioni. Nel contempo la conferenza stampa
della IAA ha fatto chiarezza sui seguenti dettagli:
Gli studiosi del comitato
scientifico della IAA si sono divisi in sub-comitati per
indagare gli aspetti epigrafici delle iscrizioni (forma delle
lettere, grammatica, sintassi) e per portare avanti un minuto
esame fisico dei manufatti, inclusa la patina che li ricopre. Il
comitato epigrafico includeva Avigdor Victor Horwitz e Shmuel
Ahituv della Ben-Gurion University del Negev, Ronny Reich della
Haifa University, Amos Kloner e Ester Eshel della Bar-Ilan
University, Hagai Misgav dell’Università Ebraica di Gerusalemme,
e Tal Ilan dell’ IAA. Il comitato per l’esame fisico includeva
Yuval Goren della Tel-Aviv University, Avner Ayalon del Servizio
per il Controllo Geologico Israeliano, Elisabetta Buaretto,
capo del laboratorio per la datazione al radiocarbonio al
Weizmann Institute di Scienze, Jacques Neguer, capo del
dipartimento dell’IAA per il restauro della pietra, and Orna
Cohen, un restauratore ed archeologo di comprovata esperienza.
Il loro mandato era specifico: fare
uno studio approfondito ed indipendente di entrambe i manufatti;
verificare le precedenti conclusioni scientifiche; ed infine,
arrivare ad una ragionata valutazione della loro autenticità. Il
Ministro per la Cultura Israeliano, Limor Livnat, ha
personalmente affidato l’incarico alla commissione scientifica.
Ha notato, con particolare riguardo all’Iscrizione di Jehoash,
che se fosse stata scoperta genuina, sarebbe stata la “la più
importante scoperta archeologica mai fatta nello Stato
d’Israele.” Ma quello che i membri del comitato hanno trovato
sono stati svariati, inconfondibili indizi di una contraffazione
di antichità del ventunesimo secolo.
Il verdetto degli epigrafisti, con
riguardo all’Iscrizione di Jehoash, è stata unanime: i numerosi
errori di grammatica e l’eccentrica mistura di forme delle
lettere tratte da altre iscrizioni, hanno palesato si trattasse
di un moderno tentativo di falsificazione.
L’Ossario di Giacomo era una
questione differente. Gli epigrafisti erano divisi circa
l’autenticità della prima parte dell’iscrizione ma alla luce dei
risultati del Comitato sulla Patina, hanno concordato
unanimemente che l’intera iscrizione deve essere stata moderna.
Così in questo caso, sono state le analisi geochimiche e
microscopiche – piuttosto che l’erudizione scolastica – che
hanno svelato la verità.
Esami di una piccola sezione del
gesso nel quale l’Ossario di Giacomo è stato inciso, indicano si
trattasse di calcare gessoso della Formazione di Menuha del
Gruppo del Monte Scopus, il che è pienamente corrispondente alle
centinaia di ossari autentici che sono stati trovati nell’area
di Gerusalemme. Ma i primi esperti geologi ed i conservatori del
Royal Ontario Museum hanno menzionato un tipo solo di patina a
forma di “cavolfiore”. I geologi Goren e Ayalon, infatti, hanno
identificato tre distinte coperture sulla superficie
dell’ossario:
Una sottile superficie di argilla ed
altri minerali cementati alla superficie della roccia,
presumibilmente uno strato di roccia creato da batteri vivi o
alghe nel corso di protratti periodi di tempo.
Una naturale copertura crostosa di
patina (questo era il “cavolfiore”) che si è formata sulla
superficie della roccia per via dell’assorbimento o della
perdita di vari elementi e minerali.
Il “James Bond”: un materiale di
composizione unica che ha ricevuto questo soprannome da Goren
dal momento che si trova depositata sulle lettere incise
dell’Ossario di Giacomo ma non è stata trovata in alcun altro
luogo sulla superficie dell’ossario – o su alcuno degli ossari
autentici che i membri della commissione hanno usato come esempi
comparativi.
Lo strato che copre grandi aree
della superficie dell’ossario, e la patina sono penetrati
attraverso lo strato in vari posti. Sia lo strato che la patina
coprivano una rosetta incisa sull’altro lato dell’ossario, Ma le
meticolose analisi di Goren e Ayalon hanno mostrato che le
lettere dell’intera iscrizione aramaica “Giacomo, Figlio di
Giuseppe, Fratello di Gesù” sono state incise attraverso lo
strato, indicando che l’incisione è stata praticata molto tempo
dopo – forse secoli dopo – della rosetta coperta dallo strato
stesso.
Più strano di tutto era il “James
Bond”, il materiale gessoso che copre le lettere. Contiene
numerosi micro-fossili chiamati coccoliti, naturalmente presenti
come particelle estranee nel gesso, ma non dissolvibili
nell’acqua. Una volta chiaro che non si trattasse di una vera
patina formata dalla superficie di cristallizzazioni di calcite,
ma piuttosto di gesso polverizzato – microfossili e tutto- è
stato disciolto in acqua e intonacato sull’intera iscrizione.
Così, la tecnica dei falsari era evidente: l’Ossario di Giacomo
era un manufatto autentico sul quale una rosetta decorativa
originariamente contrassegnava il lato “frontale”. In un periodo
di durata non determinabile dopo che è stato completato il
naturale processo di stratificazione e patinatura all’interno
dell’ambiente di una grotta umida, qualcuno avrebbe inciso una
serie di lettere, attraverso lo strato naturale sul lato
“posteriore” dell’ossario. Quindi, l’autore della
contraffazione, ha coperto le lettere tagliate di fresco con una
“patina” ad imitazione fatta d’acqua e gesso macinato.
In effetti, il metodo d’imitazione
della patina antica mediante la preparazione e l’applicazione di
una mistura di materiale genericamente simile, preparata
attentamente, era anche evidente all’interno e tra le lettere
dell’Iscrizione di Jehoash. I risultati ottenuti da Ayalon lo
hanno chiarito. I suoi studi si sono concentrati su un eloquente
indizio relativo alla natura dell’autentica patina antica: il
suo tasso isotopico di ossigeno offre un’indicazione immediata
delle qualità dell’acqua con le quali è stata prodotta la
patina.
La calcite (carbonato di calcio
CaCo3) è il componente primario della patina che si forma
naturalmente su manufatti archeologici sepolti in aree calcaree,
come la regione di Gerusalemme. Ciò è dovuto al fatto che la
calcite si dissolve nell’acqua sorgiva. Con la perdita di Co2
dall’acqua sorgiva per evaporazione, la calcite si cristallizza
ancora sulla superficie della pietra (proprio come la “pietra”
di un bricco per il te). L’ossigeno all’interno di questa
copertura calcarea ri-cristallizzata – la patina - ha lo stesso
tasso isotopico dell’acqua dalla quale è stata prodotta. E quel
valore può perfino essere usato per determinare la temperatura
alla quale la cristallizzazione ha avuto luogo.
Ayalon ha determinato nella sua
analisi che mentre la calcite della patina della superficie non
iscritta dell’ossario di Giacomo, e le superfici e le iscrizioni
degli ossari autentici che ha esaminato, hanno tassi normali per
la temperatura media delle vicinanze di Gerusalemme, il tasso
del “James Bond” – lo strano miscuglio che copre solo le lettere
dell’iscrizione – è assolutamente differente. Infatti, hanno
suggerito che la cristallizzazione abbia avuto luogo in acque
riscaldate, e non nell’ “ambiente della grotta” che i primi
geologi avevano teorizzato. Le prove indicano una falsificazione
intenzionale della patina sulle lettere dell’iscrizione
“Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù” – ed in qualche
altra parte.
Nel caso dell’Iscrizione di Jehoash,
il verdetto geologico era di “condanna” così come quello
epigrafico. Il geologi del Servizio di Controllo Israeliano
avevano perfino confuso il tipo di roccia. Non era una roccia
calcarea dall’Israele meridionale o dal Giordano, ma un
conglomerato metamorfico di basso grado, di un tipo trovato
comunemente nella Cipro occidentale e in aree ancora più
occidentali, ma non nel sud dell’Oriente o nella Siria
settentrionale. Il retro della pietra era coperto da una patina
dura, come avevano dichiarato i primi esperti interpellati, ma
questa patina, si è scoperto, era composta solo di silice, più
probabilmente risultante dalla composizione silicea della
roccia. Ancora, è improbabile che una tale patinatura sia stata
creata su una pietra che era seppellita nell’ambiente
interamente calcareo di Gerusalemme.
Una volta ancora, questa è una
differenza drammatica tra la patina del retro non iscritto e i
lati della pietra da quella trovata all’interno e le tre lettere
cesellate. A differenza di depositi silicei trovati in altri
luoghi, questo materiale è soffice e composto di argilla pura
mischiata a gesso polverizzato. All’interno di questa mistura
artificiale si trovano pochi globuli microscopici di metalli
(presumibilmente oro secondo quanto dichiarato dai primi
esperti) come anche particelle carbonizzate. Era più o meno il
tipo di “sapone” che Goren aveva suggerito come materiale ideale
per un moderno falsario. Ma prima Goren non aveva avuto accesso
al reale manufatto. Ed ora, notando che questa “patina” potrebbe
essere facilmente cancellata dalle lettere, possono essere
notate incisioni indubitabilmente fresche.
In effetti, la patina falsa
sull’Iscrizione di Jehoeash condivide le più persuasive
caratteristiche del “James Bond” dell’Ossario di Giacomo. “La
presenza di microfossili non dissolti nella mistura mostra che è
stata fatta di gesso polverizzato, non dalla naturale
cristallizzazione, e i suoi valori isotopici di ossigeno della
calcite nella patina falsa dell’Iscrizione di Jehoash indicano
ancora che la cristallizzazione è stata prodotta in acqua calda,
e non in terra.
Basandosi su questi risultati, in
una combinazione di considerazioni epigrafiche e storiche, il
comitato della IAA ha concluso che entrambe le iscrizioni sono
falsi moderni, incise su manufatti autentici e coperte con una
mistura preparata con grande attenzione per riprodurre una
patina che sembrasse antica di secoli.
E circa i due stili di scrittura
manuale dell’Ossario di Giacomo che sono stati individuati da
alcuni dei primi critici? Questo aspetto del caso non è stato
toccato nel corso della conferenza stampa della IAA, ma, come
Silberman e Goren riportano nel loro articolo di prossima uscita
per ARCHAEOLOGY, nel corso della indagini sarebbe emersa una
teoria intrigante. L’esame fisico ha mostrato che l’intera
iscrizione è stata incisa allo stesso tempo, così due mani
diverse sembrerebbero improbabili in un’iscrizione di sole 5
parole. O forse no?
Ed esami dello stesso catalogo di
ossari che il professor Lamaire ha usato come metro di
comparazione per la forma delle lettere nell’Iscrizione
dell’ossario, ora sembrano essere la possibile fonte. Nell’epoca
dei software per la scansione e riproduzione di immagini
digitali è assolutamente possibile effettuare delle copie di
lettere antiche per come loro esattamente appaiono sul manufatto
genuino. Per esempio, prendendo la parola “Giacobbe” (dal
catalogo n.396); le parole “figlio di Giuseppe” (dal catalogo no.573);
“fratello di” (dal catalogo n° 570); “Gesù” (abbastanza comune
da avere numerosi esempi), dando a tutte la stessa dimensione e
allineandole con un software per computer come Photoshop o Page
Maker, si possono facilmente creare dei caratteri
straordinariamente prossimi agli originali per un’iscrizione
falsa, che sembrerà però, ad un attento esame, scritta da una o
più mani differenti.
Le persone coinvolte nell’affare dei
manufatti apparentemente falsi, hanno risposto quasi
immediatamente. Oded Golan, per la sua parte, ha mantenuto la
sua linea di sempre. “Sono certo che l’ossario è autentico” ha
dichiarato al quotidiano israeliano Ha’aretz. “Sono sicuro che
il comitato sbaglia per le conclusioni che ha tratto”. E,
accusando il comitato di avere idee preconcette, ha anche
espresso la sua convinzione che l’Iscrizione di Jehoash sia
altrettanto genuina.
In un frettoloso comunicato stampa
di Roger M.Freet, direttore associato di marketing e pubblicità
per HarperSanFrancisco, ed editore di Giacomo, Fratello di Gesù,
e Hershel Shanks, coautore del libro ed editore della Biblical
Archaeological Review, avrebbero così dichiarato: “Alcune dei
paleografi più famosi al mondo, e due team di rigorosi
scienziati che hanno testato l’iscrizione, non hanno trovato
niente da eccepire sulla sua autenticità. Tutto indica una data
del I secolo. Vi sono troppe prove in favore dell’autenticità
dell’iscrizione che la IAA non ha ancora debitamente confutato”.
Hanno aggiunto che: “se alla fine l’iscrizione si dovesse
effettivamente provare un falso perpetrato da un moderno
mistificatore, spero che sia preso e arrestato”.
Shanks ha anche invitato il
direttore della IAA, Shuka Dorfman, dicendo: “Dorfman – che odia
i collezionisti di antichità, i commercianti di antichità, il
commercio di antichità e che vorrebbe chiudere il mercato delle
antichità israeliane – ha scelto il suo vice come presidente del
comitato scientifico per studiare l’iscrizione. Si tratta certo
di un esperto archeologo, ma non ha competenze di chimica o
geologia.”
Ciò nonostante, le conclusioni del
comitato della IAA sono state unanimi e sembrano porre fine in
modo definitivo alla questione sull’autenticità dei due reperti.
Più informazioni si attendono nelle
prossime settimane dalla IAA.